George
Non solo la letteratura ha descritto personaggi che rintracciano caratteristiche tali da poterci riconoscere in alcune parti, ma anche l’arte ha tratteggiato personalità che individuano quelli che possono essere definiti tipi psicologici, sostenuti da parametri categoriali condivisi che diventano predittivi di comportamenti specifici.
Ma, se le definizioni possono essere utili per accelerare i processi di sintesi, va prestata attenzione alle classificazioni, in modo da evitare di massimizzare l’individualità di ciascuno. Si potrebbe affermare che tutti possono rientrare in schemi comportamentali, essere dei tipi, almeno in certi momenti della vita. L’interesse dovrebbe portare a scovare l’individuo, di volta in volta ospitato nel tipo, per poter sperimentare l’incontro con l’umanità più autentica, quella che si discosta dall’ovvio e magari ci stupisce.
Pirandello ha cercato il punto di vista, folle, di Vitangelo tra le sfumature della sua stessa maschera: nella ricerca di sé, Vitangelo Moscarda diventa Uno Nessuno Centomila (1925-26).
Un certo tipo è invece Arpagone (Molière, 1668), avaro nei sentimenti prima ancora di soldi, e soggetto prevaricante sugli individui che chiamiamo figli.
E che individuo è il Ragazzo morso da un ramarro (1597) del Caravaggio? Quasi di sicuro un tipo equivoco che, nella sua ambiguità, esercita il dubbio: l’individuo, con le sue contraddittorietà, tenta energicamente di spuntar fuori dal tipo.
Il problema si manifesta quando il tipo si trasforma in stereo-tipo, e ancor più nel suo aspetto negativo: il pre-giudizio. Che fine fa, allora, l’individuo?
È così che tutti noi, oggi, conosciamo George Floyd (2020), l’Alfier nero (A. Boito, 1867).
Elisabetta Nalon
AUTRICE
Elisabetta Nalon
Psicologa Psicoterapeuta psicoanalitico.